In
qualsiasi metropoli, città o villaggio della madre Terra e del
grande Marte è sempre presente un monumento, una targa o una strada
che ricorda Agata Rita Aceri.
Laureata
in astronomia e biologia, scienziata e ricercatrice. Definita
italiana, perché nata sulla terra quando esistevano ancora le
nazioni originali, figlia di un musicista e di una insegnante di
matematica è universalmente riconosciuta come la madre di Marte così
come attualmente lo conosciamo.
Le
tante statue a lei dedicate la rappresentano fedelmente; maglietta,
pantaloni comodi e scarpe basse. Un viso ovale incorniciato in una
folta pettinatura a caschetto.
Nei
primi anni 2000 il potenziale spaziale terrestre ambiva a espandere
la presenza umana nello spazio, in particolare verso Marte. Tra le
enormi difficoltà la lentezza dei veicoli spaziali dell’epoca.
L’esplorazione
è affidata a sistemi automatici che raccolgono una mole enorme di
informazioni mentre molte ricerche teorizzano la possibilità di
trasformare l’ambiente di Marte in qualche cosa di simile alla
Terra; i primi concetti della storica operazione di “terraformazione”
sono definiti.
Agata
Rita Aceri nel 2015,docente universitaria, coordinava un gruppo di
scienziati che volontariamente analizzavano la immensa massa di dati
disponibili; nel 2018 la complessa operazione è conclusa.
Marte
può diventare la nuova frontiera dell’umanità ma deve essere reso
abitabile. Il progetto scaturito dalle ricerche prevedeva la
“terraformazione” prima dell’arrivo degli esseri umani; questi
ultimi avrebbero trovato condizioni simili a quelle della Terra e
avrebbero potuto iniziare subito la colonizzazione con sistemi
convenzionali.
Satelliti,
sonde e sistemi automatici e robotizzati devono operare sul suolo
marziano autonomamente e creare atmosfera, acque, vegetazione.
Successivamente
devono essere inviate in direzione dell’ormai “ex pianeta rosso”
attrezzature e materiali; rappresentano la possibilità per i primi
terrestri arrivati di vivere e organizzarsi in un nuovo mondo. Le
previsioni considerano anche una evoluzione delle tecnologie spaziali
durante i tempi, non definiti, dell’intero programma dedicato alla
conquista di Marte; questo ultimo fattore avrebbe permette
l’accelerazione e il miglioramento qualitativo di tutte le
operazioni.
La
ricerca diffusa in ambienti scientifici e universitari nel 2019 è
recepita da importanti agenzie scientifiche legate alle Nazioni Unite
senza suscitare particolare interesse.
Nell'anno
2020 le grandi conglomerate legate alla produzione aerospaziale
risentono da almeno venti anni di due fattori negativi: ricorrenti
crisi finanziare internazionali e limiti sempre più stretti che i
governi impongono alle spese destinate a tutto quello che riguarda lo
spazio.
I
manager di queste imprese si rendono conto che mettere in pratica la
ricerca coordinata da Agata Rita Aceri può avere come conseguenza un
enorme balzo in avanti dei loro profitti spingendoli in quella
positività che da troppi anni raggiungono con fatica.
Durante
l’Esposizione Aerospaziale di Pechino, nel 2021, in un incontro
riservato le dirigenze degli interi comparti industriali aerospaziali
e elettronici mondiali decidono di fare tutto il possibile per
iniziare a realizzare quella che definiscono la “Operazione Marte”.
Pressioni
verso i governi e le Nazioni Unite. Mezzi di informazione ampiamente
impiegati per orientare favorevolmente l’opinione pubblica.
Simultaneamente
costituiscono il Consorzio Aerospaziale Mondiale, presieduto
dall’industriale svizzero Bruno Klagenman, che struttura una
fondazione, dotata di solida copertura finanziaria, con sede a
Lisbona e destinata alla direzione generale del progetto. La
presidenza è assegnata alla Professoressa Aceri mentre tutti i suoi
collaboratori sono inseriti in ruoli di rilievo.
Klagenmann,
alto e brizzolato e abile diplomatico, coinvolge le Nazioni Unite
nella gestione dell'aspetto politico e amministrativo. Una
risoluzione O.N.U., approvata alla unanimità, stabilisce che le
nazioni partecipanti allo slancio verso Marte hanno la priorità
nell’invio di coloni.
In
aggiunta ratifica che l'assegnazione dei territori marziani è
proporzionale alla entità della partecipazione; di fatto avrebbero
avuto lo stato di regioni o provincie lontane delle nazioni aderenti
al progetto con possibilità di sfruttamento delle risorse naturali.
Contemporaneamente
il Consorzio Aerospaziale Mondiale, e le relative società
sussidiarie, sono quotate in borsa e iniziano la emissione di azioni
assicurando finalmente il flusso finanziario tanto desiderato dalle
società aeronautiche e elettroniche di tutto il pianeta.
Agata
Rita Aceri, e tutto il suo gruppo, possono sviluppare il progetto per
la parte scientifica e previsionale. Sono però incapsulati in una
struttura dove la parte tecnologica e pratica è messa in atto da
persone capaci ma che rispondono direttamente ai consigli di
amministrazione delle aziende. Il primo atto è la progettazione di
un missile in grado di permettere l’invio di carichi di
relativamente grande massa verso Marte.
La
tecnologia dell’epoca era ancora legata ai motori a combustione e,
in attesa di radicalmente nuovi sistemi di propulsione, dai computer
CAD del Consorzio Aerospaziale Mondiale vede la luce un vettore a
quattro stadi. Con una base larga 18 metri e una altezza complessiva
pari a 135 metri è in assoluto il missile più grande ideato da
quando l’umanità ha guardato oltre la propria atmosfera.
Oltre
che dai propulsori chimici ogni singolo stadio è spinto da 3 corone
di 6 missili ausiliari per ognuno dei primi 3 stadi. Il quarto stadio
è destinato a raggiungere Marte. Questa nuova generazione di
lanciatori è ufficialmente battezzata Vettore Marte ma gli addetti
ai lavori li indicavano con i nomignoli di “Marte Express” oppure
“Treno per Marte”.
Il
gruppo dirigente del Consorzio Aerospaziale Mondiale delibera la
pianificazione per la costruzione di siti di lancio idonei e per
accelerare lo sviluppo del programma, dai tempi indefiniti e comunque
lunghi, verifica la disponibilità delle basi della nazioni terrestri
che per prime hanno dedicato parte delle loro risorse allo spazio;
Stati Uniti e Russia.
Le
loro installazioni missilistiche devono essere ampliate e modificate
per ospitare i Vettori Marte ma, mentre la proposta è all’esame
dei rispettivi governi, avvengono eventi inquietanti e gravi.
A
Washington, in una luminosa e gelida giornata invernale, decine di
persone in uniforme avvicinano la Casa Bianca. Innalzano striscioni
e espongono cartelli.
Sono
generali e colonnelli degli stati maggiori convinti fino alla
esasperazione che l’adesione del governo U.S.A. alla “Operazione
Marte” è una perdita di sovranità nazionale nel delicato settore
spaziale. I militari lo considerano il pilastro fondamentale del
sistema difensivo e offensivo nazionale.
In
realtà i vertici delle forze armate temono di perdere il controllo
della agenzie aerospaziali e il ridimensionamento del proprio
prestigio e peso politico.
La
manifestazione di protesta è al limite dell’ammutinamento. In
poche ore si uniscono a loro veterani e semplici cittadini. La folla
diventa sempre più numerosa e Carmine Colpitts, presidente degli
Stati Uniti, è consigliato dal proprio staff di recarsi tra i
manifestanti per tentare un dialogo, rassicurare e convincerli a
desistere.
Contemporaneamente,
forse non informati della iniziativa presidenziale, i responsabili
dei servizi di sicurezza ordinano alle unità antisommossa di
disperdere la folla che ormai è composta da alcune migliaia di
persone.
Generano
circa 10 ore di violenta guerriglia urbana. Auto in fiamme, autobus
assaltati e messi di traverso lungo le strade, lacrimogeni e scontri
materiali degni delle bande di periferia. Feriti e morti.
A
fatica gli agenti del Servizio Segreto incaricati della protezione
del presidente riescono a estrarlo dai tumulti. Le immagini del
corpulento Colpitts sanguinante al volto colpito da un oggetto
contundente, gli abiti sporchi e laceri, sono rapidamente di dominio
pubblico in tutto il pianeta e provocano una caduta dei titoli in
tutte le borse mondiali.
Nei
giorni seguenti, per placare i militari e evitare altre ripercussioni
finanziarie, il parlamento Statunitense decide di non aderire
direttamente alla “Operazione Marte”. Le imprese private possono
partecipare al progetto come ritengono opportuno.
Dopo
la decisione parlamentare tutte le installazioni delle forze armate
U.S.A. sono teatro di manifestazioni di gioia e festeggiamenti.
Trascorre
una manciata di tempo dagli avvenimenti di Washington e anche nel
cuore della Russia si consuma una tragedia.
Il
centro di una enorme area addestrativa nei pressi di Mosca riservata
alle forze corazzate è segnato da un grande palco in legno grezzo
dove hanno preso posto le più alte autorità civili e militari della
Federazione Russa. Non manca il capo di stato, la presidente della
Federazione Lucia Zelkranskj.
I
primi tepori della primavera orientale accompagnano la dimostrazione
operativa delle capacità della versione da esportazione del carro
armato T 102/R; un prodotto innovativo costruito dalle industrie
belliche russe e motivo di orgoglio nazionale.
Un
giovane tenente del reggimento di cavalleria corazzata delle guardie,
addetto al servizio di sicurezza, con discrezione raggiunge la
Presidente. Per un istante guarda gli occhi della donna e poi, con
movimenti imprevedibili e fulminei, estrae la pistola d’ordinanza.
La rivolge verso sé stesso; inserisce la canna dell’arma nella
bocca e esplode un colpo.
Il
corpo cade sul tavolato del palco mentre dal cranio perforato schizza
sangue ovunque.
Lucia
Zelkranskj atterrita e con l’abito blu fresco di stiratura, il
volto bianco e la elaborata acconciatura bionda punteggiata da
infiniti segni rossi è trascinata in una automobile dalla sua scorta
personale. Immediatamente trasportata al sicuro a Mosca tra le grandi
mura del Cremlino.
L’ufficiale
suicida è il tenente Leonida Tciaimov. Un giovane soldato di belle
speranze, dalla carriera immacolata, estremamente affidabile.
Proviene da una famiglia di tradizione militare e il padre, Generale
Gregory Tciamov, comanda il gruppo armate occidentali.
Nei
giorni successivi allo spettacolare suicidio è reso noto il
contenuto di una ultima dichiarazione lasciata in rete dal deceduto,
all’interno della sua pagina personale.
Annuncia
in anticipo il gesto estremo definendolo sacrificio per la patria. Lo
ritiene l’unico modo per richiamare l’attenzione del popolo
Russo e di tutte le forze armate verso la svendita della sovranità
nazionale legata alla possibile adesione della Federazione Russa alla
“Operazione Marte”.
Le
principali della città della Federazione sono in tumulto e il
Generale Tciaimov seguito compatto da tutto il gruppo di armate al
suo comando si ribella. Occupa San Pietroburgo e ingaggia violenti
combattimenti con le unità del Ministero degli Interni che tentano
di riconsegnare al Governo il controllo della situazione.
Tutti
i rappresentanti dei vertici governativi rischiano la propria
incolumità e devono lasciare Mosca. Riparano in Polonia mentre le
fazioni, dopo gli scontri, concordano una fragile tregua.
Per
riportare la situazione alla normalità, e arrestare una crisi con
potenziali conseguenze globali, una complessa mediazione è
intrapresa dai più autorevoli rappresentanti della chiesa Ortodossa.
La condizione cardine dell’accordo prevede la non adesione della
Federazione Russa alla “Operazione Marte”.
Una
clausola, mutuata dalle decisioni Statunitensi, concede alle singole
imprese esclusivamente private libertà di partecipazione.
Dopo
queste assicurazioni scritte il Governo ha la possibilità di tornare
a Mosca. Le forze armate ribelli rientrano lentamente nelle caserme;
in tutte le nazioni dove è presente la religione cristiano Ortodossa
sono celebrate grandi messe di ringraziamento.
Simultaneamente
al mancato sostegno ufficiale e concreto alla “Operazione Marte”
di Russia e U.S.A. le rimanenti nazioni terrestri con capacità
industriale affermata o in via di sviluppo manifestano grande
interesse e disponibilità.
Un
gruppo di imprese cinesi elabora un progetto alternativo per la
costruzione di una grande base di lancio nel deserto dei Gobi; le
nazioni africane che comprendono nel loro territorio il deserto del
Sahara propongono le aree desertiche come sede di una seconda
struttura missilistica.
Il
Consorzio Aerospaziale Mondiale accetta i progetti e nel corso dei
decenni successivi due dei luoghi più inospitali del pianeta
cambiano completamente il loro aspetto. Intorno alle strutture
dedicate ai vettori Marte nascono complessi industriali di ogni
genere e dal nulla appaiono città che attendono di essere dotate di
tutti i servizi necessari generando altri affari.
Per
i popoli terrestri è nel bene e nel male la nuova frontiera del
secondo millennio; per milioni di persone senza lavoro, o costrette a
vivere di attività precarie ed incerte, i vettori Marte sono la
chiave per la felicità.
Gli
esperti del Consorzio Aerospaziale Mondiale avevano però previsto
che con la “Operazione Marte” a pieno regime per mantenere
costante e accettabile la frequenza dei lanci sarebbero state
indispensabili almeno 3 basi.
La
soluzione è rappresentata da un gruppo di aziende europee e sud
americane specializzate nella costruzione di impianti per
l’estrazione di petrolio e gas naturale.
Ipotizzano
la costruzione di una estesa rete di piattaforme marittime off-shore
dislocate nell’Atlantico del sud, relativamente vicine alle coste
del continente sud americano; lo scopo è creare una area di lancio
artificiale.
Il
Consorzio Aerospaziale Mondiale approva. Inizia la installazione di
una struttura destinata a raggiungere l'estensione di centinaia di
chilometri quadrati circondata dall’ oceano Atlantico.
Un
opera colossale chiamata il “continente di ferro”.
Attualmente,
dopo secoli, è ancora solidamente al suo posto e coloro che
transitano sulla madre Terra cercano sempre di trovare il tempo per
visitare ammirati il “continente di ferro”. Ora ospita uno dei
principali musei dedicati alla storia della Madre Terra e del Grande
Marte.
Con
questa dissertazione sono certo di avere qualche nemico in più. Ma è
la realtà storica incontrovertibile e documentata.
Ufficialmente
l’umanità voleva il Grande Marte per l’anelito verso le stelle,
la volontà di portare la vita, l’istinto della ricerca e
dell’esplorazione.
Probabilmente
per molti, moltissimi le motivazione sono queste.
Ma
lo scopo della “Operazione Marte” è la necessità di fare
affari. E con rapidità, viste le condizioni di instabilità
dell’economia mondiale e le loro tragiche conseguenze.
Il
programma non ha tempi definiti e i contenuti politici e
amministrativi sono generici e vaghi; non esiste la minima idea
della evoluzione delle tecnologie impiegate e molte decisioni prese
poco prima della loro attuazione pratica hanno un enorme margine di
approssimazione.
Queste
condizioni di origine hanno condizionato la storia del Grande Marte
per centinaia di anni.
Emil
Primum, storico e ricercatore
fedele
figlio del grande Marte e della madre Terra